La tua guida nel mondo virtuale
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Chi c’è dietro le interfacce tecnologiche? Il mestiere del programmatore nell’intervista a Giovanni Casale

Ogni giorno utilizziamo tecnologie e software che semplificano la nostra vita. Non ci capita però spesso di pensare a come questi strumenti vengono ideati e progettati. Scopriamolo insieme in un’intervista al programmatore Giovanni Casale.

 

 

La tecnologia è ormai parte integrante della vita di tutti noi. Per questo c’è sempre più bisogno di informatici, programmatori e sviluppatori in grado di far fronte e gestire la grande richiesta di innovazione e competenze tecniche.

Si parla di un settore che offre oggi circa un milione e mezzo di posti di lavoro.

Nel Regno Unito, ad esempio, quelle del programmatore e dello sviluppatore di software sono tra le professioni più richieste.

Ho intervistato Giovanni Casale proprio per questo motivo: capire le opportunità e i possibili sviluppi di questo ambito in continua crescita. Abbiamo posto particolare attenzione anche alle grandi opportunità che deriverebbero da un maggiore coinvolgimento delle donne nel settore tecnologico.

 

Ecco di cosa abbiamo parlato.

 

In cosa consiste il tuo lavoro?

“Sono un Manager IT, sviluppatore Web/App e web designer.”

 

Cosa fa uno sviluppatore?

“Nel mio caso lo sviluppatore web si occupa del codice sorgente di programmazione detto anche “backend” insomma tutto quello che c’è dietro un sito web, stessa cosa per le App.”

 

Oggi utilizziamo le tecnologie con naturalezza ed interagiamo con i dispositivi in modo immediato e intuitivo.

Quella con cui entriamo in contatto è l’interfaccia di un dispositivo, un sito o un’applicazione. Si tratta dell’area o superficie in cui due entità si incontrano: in questo caso uomo e tecnologia.

Non pensiamo spesso a quello che c’è “dietro” lo schermo del cellulare o del pc, a ciò che in realtà permette il funzionamento del dispositivo.

Proprio qui si trova il codice sorgente, il “testo” su cui costruisce e lavora il programmatore.

 

Cosa significa fare un’applicazione?

“Tralasciando il lato tecnico, fare un’applicazione significa creare una connessione tra un dispositivo mobile e la rete a seconda della tipologia del suo utilizzo. A differenza di un sito web, un’app deve essere al massimo della semplicità dato che si utilizza il touchscreen del device.”

 

L’esperienza che viviamo utilizzando dispositivi e applicazioni è chiamata user experience.

Ed è proprio con questa che i programmatori devono fare i conti. Applicazioni e dispositivi devono essere utili alle persone, devono rispondere a bisogni reali e soprattutto essere il più possibile intuitivi e di facile utilizzo.

Non contano più esclusivamente design, potenza e “meccanica”. Oggi si mira alla qualità della relazione che la tecnologia riesce ad instaurare con l’utente.

L’obiettivo è quello di aumentare la soddisfazione e la fedeltà del cliente, migliorando usabilità, facilità d’uso e piacere fornito dall’interazione con il prodotto.

 

 

Quali sono le richieste più frequenti da parte dei clienti?

“Oggi come oggi il cliente vuole proporsi sulla rete a 360°. Si parte da una pagina web per arrivare ad un’applicazione che coinvolga la sua attività, senza escludere i social network, oggi molto più coinvolgenti rispetto al sito web.”

 

Non si tratta più solo di programmare e sviluppare utilizzando un codice.

Servono flessibilità, creatività e pensiero critico per imparare a risolvere i problemi degli utenti.

Oggi l’obiettivo è quello di creare interfacce in grado di essere utilizzate da più persone possibile. Per questo motivo è utile anche studiare le caratteristiche e le conoscenze e competenze di cui gli utenti sono forniti, al fine di ideare un prodotto “su misura”.

Le tecnologie infatti non sono più usate solo da tecnici o individui specializzati. Ognuno di noi le utilizza per le più svariate attività quotidiane.

 

Quali opportunità vedi per le nuove generazioni nel mondo della tecnologia?

“Le nuove generazioni sono la punta di diamante per il nostro futuro digitale. Grazie ai nuovi linguaggi di programmazione e alla tecnologia attuale sono già avvantaggiati rispetto alla vecchia scuola. Ci vuole solo creatività, impegno senza mettere da parte divertimento e passione. Penso che la programmazione sia un metodo artistico per progettare il futuro.”

 

Pensi ci sia posto per le ragazze nel tuo ambito?

“Ovviamente! Anzi posso affermare che le programmatrici hanno molto più carisma e creatività.”

 

Il Italia su 100 professionisti che si occupano di tecnologia ed informazione, solo 9 sono donne.

Una maggiore presenza femminile in questo ambito non farebbe bene solo alle donne ma a tutto il Paese. Secondo la commissione Europea, la parità di occupazione nel comparto digitale incrementerebbe il Pil dell’Unione di circa nove miliardi di euro l’anno.

Le opportunità sono davvero numerose: tocca anche alle ragazze iniziare a programmare il loro futuro.

 

Cos’è il code unisex?

“Nasce come hashtag #unisexcode. Come ho già anticipato, penso che il mondo del coding debba essere unisex e non prettamente maschile. Lavoro con un team misto di programmatori e programmatrici e molte delle volte siamo noi a chiedere consiglio a loro. Per questo ho creato l’hashtag #unisexcode: proprio per sensibilizzare riguardo l’importanza di non considerare quello maschile il sesso prestabilito nella programmazione. Ripeto, serve solo creatività, impegno e divertimento.”

 

Giovanni evidenzia l’importanza di eliminare il luogo comune secondo cui quello tecnologico/scientifico sia un ambito prettamente “maschile” .

Da blogger donna e appassionata del mondo digitale, credo che il punto di vista e la sensibilità femminili completino il quadro integrandosi con quelli maschili.

Rompendo gli stereotipi si arricchirebbero e svilupperebbero discipline rimaste per anni “incomplete”.

Il punto di vista femminile, le capacità che le permettono di trovare soluzioni ed affrontare determinate situazioni non possono più rappresentare solo il 22% del mondo dello sviluppo tecnologico. Per questo le ragazze dovrebbero essere educate fin da piccole a seguire le proprie passioni, anche e soprattutto se si tratta di campi d’azione poco presidiati.