Gli ambienti virtuali a volte ci sembrano talmente reali da non riuscire a distinguerli dalla realtà: ecco i fattori psicologici che rendono la Realtà virtuale così immersiva e coinvolgente.
Indossando un semplice visore per la Realtà Virtuale possiamo trovarci immersi in ambientazioni talmente realistiche da sembrarci vere.
Processori, grafiche e display di ultima generazione permettono oggi di programmare scenari esplorabili tecnicamente perfetti. Quest’ultimi possono avere obiettivi differenti, tra cui divertire, educare, sensibilizzare e molti altri.
Diversi strumenti contribuiscono a costruire la nostra percezione all’interno degli ambienti simulati:
👓 Il visore: un casco o degli occhiali appositi in grado di immergere totalmente la visuale dell’utente nell’ambiente simulato. Particolari sensori di movimento permettono di effettuare movimenti e dirigere lo sguardo in una direzione come se ci trovassimo nella realtà.
👐 I wired gloves: controller o guanti specifici per l’interazione uomo-computer, permettono di utilizzare direttamente le nostre mani per impartire comandi, muoverci nell’ambiente, interagire con gli oggetti o digitare su tastiere virtuali.
👣 La cybertuta: una particolare tuta che avvolge il corpo dell’utente e, realizzandone una scansione tridimensionale, lo proietta nel mondo virtuale.
🎧 Gli auricolari: cuffie che permettono di completare l’esperienza immersiva trasmettendo suoni realistici all’utente.
A seconda della complessità dell’esperienza sensoriale fornita all’utente aumenta il livello di immersività dell’ambiente virtuale.
A maggiore immersività corrisponde una più intensa convinzione di trovarsi realmente all’interno del mondo digitale, aumentando così anche il senso di presenza.
Quest’ultimo per la psicologia rappresenta “l’esserci, cioè la sensazione di essere nel mondo sintetico generato dal pc” perdendo la consapevolezza della mediazione della tecnologia (Riva, 2009).
La sensazione è tanto più forte quanto l’utente riesce a mettere in atto le proprie intenzioni nell’ambiente.
Seconda la teoria dell’Inter-azione Situata, il senso di presenza è dato da tre componenti:
📌 Protopresenza: percezione degli stimoli correlati ai propri movimenti. È data dalla possibilità di movimento corporeo ed interazione con l’ambiente.
📌 Presenza nucleare: percezione di un ambiente vivido e realistico generata dalla multisensorialità dell’esperienza.
📌 Presenza estesa: percezione di elementi significativi per il soggetto. È influenzata dalla qualità della struttura narrativa e dalla rilevanza delle tematiche trattate.
La potenzialità della realtà virtuale si trova nella possibilità di conoscere ed esplorare il mondo nel modo più naturale possibile per l’essere umano.
Questo processo si chiama apprendimento senso-motorio. Esso non è mediato dalla scrittura ma è legato solo al senso di presenza, quindi alla possibilità di “scoprire” e “fare” in prima persona.
In particolare, dà la possibilità di mettere in atto comportamenti e di testarne le conseguenze in un ambiente “protetto”.
I contenuti appresi in questo modo rimangono nella memoria più facilmente, in modo inconsapevole e naturale, proprio grazie all’azione diretta che effettuiamo sull’ambiente simile a quella reale.
Per ottenere risultati sempre più realistici, le tecnologie diventano ogni giorno più invisibili, inavvertibili e impercettibili. Infatti, ciò che rende queste esperienze coinvolgenti, memorabili ed educative è proprio la loro capacità di generare emozioni come incanto e stupore. In questa caratteristica si trova la più grande differenza tra strumenti e dispositivi “classici” e quelli digitali.
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